Calcio a 11 e a 5, connubio possibile in Italia?
- Giovanni De Santis
- 4 set 2017
- Tempo di lettura: 3 min

E’ fuori ogni dubbio che negli ultimi 10 anni il mondo del calcio, che sia esso a undici o a cinque, ci sia stata una palese egemonia della Spagna sia per quanto riguarda le nazionali sia per i club. Basti pensare a come nel 2008 e nel 2012 la Spagna abbia vinto due Europei, senza dimenticare il Mondiale vinto nel 2010 (mondiale particolarmente sfortunato per noi italiani). Inoltre dobbiamo anche pensare alle vittorie del Real Madrid e del Barça per quanto riguarda le Champions League.
Ma non si parla qui solo di vittorie, perché una squadra può vincere sempre ma avere un gioco non di certo eccitante o comunque emozionante (come ad esempio l’Atletico Madrid). Il fatto determinante è che il Calcio spagnolo vince giocando bene e divertendo gli spettatori.
Non scopriamo oggi il “Tiki Taka” scoperto nel Barcellona di Guardiola, quel fraseggio continuo, quel possesso palla estenuante per gli avversari ma non per la squadra che lo pone in essere, quelle triangolazioni continue ma non limitata a due giocatori ma che coinvolge tutta la squadra.
Questo monopolio calcistico ha fatto nascere nei tecnici delle domande, appunto tecniche, ossia cosa abbia comportato questa egemonia del calcio spagnolo, cosa hanno in più rispetto alle altre realtà calcistiche?
La risposta è stata trovata negli input dati ai giovani giocatori spagnoli quando sono in periodo di settore giovanile; si è visto come i ragazzi facciano doppia attività, ossia calcio a cinque e calcio a 11 fino si 16 anni, per scegliere in seguito quale delle due strade intraprendere.
In cosa consiste questa doppia attività? I giovani giocatori si allenano due volte alla settimana nel campo a 11 e altre due nel campo a 5 svolgendo entrambe le competizioni federali. Questo comporta un’innovazione incredibile, perché i giocatori, giocando anche il calcio a 5, si abituano a spazi ridotti e tempi ridotti e una volta sul campo a 11 questo produce un effetto devastante.
Infatti quale era il risultato? Gioco più eccitante, più imprevedibile e spazi più lunghi coperti in breve tempo.
Per queste ragioni, si è compreso che questa doppia attività dovrebbe essere presa ad esempio anche in Italia.
Infatti un progetto molto interessante è quello denominato “Futsal in soccer”. Già il nome fa comprendere la portata innovativa, creare un collegamento, un ponte tra il Futsal è il calcio a 11.
E’ un progetto lanciato da Andrea Montemurro (Presidente della divisione Calcio a 5); la prima società ad avere aderito è stata la Robur Siena.
Montemurro assicura che questa è solo la prima di tante collaborazioni e di tanti punti di incontro tra Futsal e soccer.
Ma perché è così importante questo ponte? Solo per creare un bel gioco? Per porre fine al monopolio spagnolo? Allontanandosi per un momento dal calcio giocato, creare un collegamento tra queste discipline farebbe uscire dall’ombra il Futsal; basti pensare che in Spagna il Futsal è un’attività professionistica mentre in Italia dilettantistica. Senza perdersi in inutili considerazioni sul dilettantismo, è fuori di ogni obiezione l’importanza anche economica di una tale innovazione.
Ritornando al campo, quanto migliorerebbero le partite se i giovani calciatori crescessero non solo sui campi da soccer ma anche su quelli da Futsal? Tutti amano vedere giocare il Napoli, perché la squadra partenopea, senza porre in essere la doppia attività, ha comunque quel gioco veloce e quelle triangolazioni tipiche del Futsal.
Quindi, concludendo, tale doppia attività, tale innovazione, può solo portare novità positive sia dal punto di vista del bel gioco e sia dal punto di vista meramente economico.
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